Napoli è ripartita, anche nel suo profilo internazionale. In considerazione della situazione drammatica che abbiamo ereditato dalle amministrazioni precedenti sono oggi, a centodue giorni d’insediamento della giunta, molto soddisfatto per il lavoro intrapreso. Lavoro caratterizzato dallo spirito rivoluzionario di chi oggi amministra la città. La costante partecipazione della cittadinanza all’attività dell’amministrazione, le numerose sollecitazioni che provengono anche fuori città il che dimostra che Napoli sta riconquistando la sua centralità nel meridione d’Italia e in tutto il Paese.
In centodue giorni sono state intraprese azioni significative. Abbiamo impostato un lavoro di assestamento del bilancio che ci permetterà una programmazione di ampio respiro, abbiamo tracciato e intrapreso il percorso che ci porterà definitivamente fuori la crisi che sembrava cronicizzata dei rifiuti, stiamo liberando punti strategici della città dal degrado che li caratterizzava, abbiamo aumentato l’area di pedonalizzazione del centro storico rendendolo agevole e agibile ai turisti e a noi napoletani, stiamo liberando il centro da quel perenne ingorgo di macchine che non permette di perseguire quell’idea di sviluppo intrapreso da tutte le grandi città europee.

In centodue giorni abbiamo lavorato per impostare il lavoro che riporterà definitivamente Napoli all’ordinarietà. E’ mia intenzione restituire alla città di Napoli anche quella straordinarietà che gli spetta di diritto. Napoli è una città particolare, lo è stata anche storicamente. Quando l’intero continente viveva fasi di stallo Napoli ha segnato importanti accelerazioni nel mondo della cultura. L’Università, tra le più; antiche d’Europa, è stata punto di riferimento quando tutta l’Europa era dilaniata da guerre interne. E’ una città che non ha mai consento alla Santa Inquisizione di agire liberamente e incontrastata. E’una città che sotto l’occupazione straniera e militare si è liberata da sola concedendosi autonomamente a chi nella seconda guerra mondiale determinava la ritirata dei nazisti.

Napoli è una città che sa sorprendere se opportunamente stimolata. Ma è anche una città  che può vivere lunghe paralisi se non si sollecitano le forze intellettuali, imprenditoriali e la cittadinanza tutta, in un processo che sembra quasi di perenne riscatto, ma che consente quelle fughe in avanti nel progresso della storia che spesso ci hanno caratterizzato.

Napoli è una città del Mediterraneo. E’ una città che affaccia sul comune mare. Stesso identico mare per popoli che parlano diverse lingue e che abbracciano diverse religioni. Napoli per la sua storia è capace di interpretare meglio di altri quello che oggi avviene nella sponda sud del comune mare, Napoli sa decifrare meglio di altri cosa avviene nel vicinissimo oriente, talmente vicino da rendere noi per loro un vicino occidente.

Napoli sa interpretare meglio di altri la primavera araba. Lo sa fare perchè riesce a capire l’esigenza di elaborazione del lutto, di superamento, della contemporanea decadenza determinata dai numerosi regimi. Lo sa fare perchè; con le debite proporzioni sta vivendo e ha vissuto il medesimo processo: riappropriarsi degli spazi di agibilità democratica per una condivisa idea di sviluppo. Nelle nazioni oggi caratterizzate dalla primavera araba il popolo è tornato nuovamente ad essere soggettività politica e non più mera parola pronunciata nella retorica di un raiss. Tra le primavere arabe è tornato nuovamente in voga il pensiero laicista, non imposto da un regime ma elaborato dal popolo. Pensiero laicista indispensabile, che purtroppo ha avuto un ruolo secondario dopo la guerra civile in Libano prima e dopo l’11 settembre nell’ultimo decennio.

Napoli è una città che nutre profondo rispetto e amore per tutti quei posti e quelle nazioni che nel Mediterraneo hanno sofferto e combattuto per restare nel mondo luogo plurale. Da Sarajevo a Gerusalemme passando per Beirut Napoli vuole promuovere quegli sforzi di coesistenza che caratterizza un modello di società plurale al quale ci ispiriamo. Napoli vuole parlare al mondo arabo soprattutto e tramite le comunità; migranti che vivono e fanno vivere questa città. Le comunità migranti sono soggettività politica. Corpo attivo che sa tradurre quello che succede nel paese di origine a noi e viceversa.
Un elemento di ricchezza enorme che se valorizzato, se reso valore sistemico con l’Università, con le istituzioni, con gli enti che lavorano per la diplomazia e la pace, rappresentano il veicolo culturale più autentico che si possa immaginare. Napoli, da vicino occidente, è una porta d’ingresso per chi emigra. A Napoli i migranti possono sbarcare il lunario facilmente. Napoli deve mantenere questa vocazione aumentando allo stesso tempo la qualità della vita dei migranti e aumentando le occasioni di conoscenza reciproca con i napoletani. Napoli è una città tollerante. Lo penso guardando i bassi dove sono oggi vicini di casa famiglie migranti con famiglie napoletane.
Ma è una tolleranza fatta spesso di distrazione, di comunanza per una condizione sociale condivisa ma non per il reciproco riconoscimento di una diversità culturale. Ecco dobbiamo creare occasioni di reciproca conoscenza affinchè questa tolleranza si argomenti e diventi occasione di osmosi culturale e sociale. Napoli è una città che con le sue difficoltà non rinuncia all’inclusione rispetto le popolazioni migranti. Voglio qui ricordare il lavoro svolto dall’amministrazione appena insediata: abbiamo accolto nelle nostre case famiglia 300 migranti minori, profughi non accompagnati provenienti da Lampedusa. Noi sappiamo che Lampedusa è Italia e che quei ragazzi sono un soggetto importante della società che vogliamo costruire. Lavoriamo affinché questi ragazzi possano partecipare ai nostri programmi scolastici.

Napoli deve oggi tornare a fare a sistema. Lo dico con schiettezza: negli ultimi anni l’Università ha perso quel ruolo di centralità e di attrazione per i fuori sede ad esempio che precedentemente l’aveva caratterizzata. I numerosi enti e le numerose organizzazioni che lavorano sul Mediterraneo e per la pace agiscono individualmente su argomenti spesso comuni. Le comunità migranti intraprendono percorsi individuali e con difficoltà si contaminano fra loro. Quest’amministrazione sarà casa di tutti e con tutti intavolerà progetti purchè condivisi. Che i migranti tornino ad essere risorsa per le Università e viceversa; che gli enti, gli osservatori e le fondazioni con spirito di collaborazione tornino a condividere un percorso e una progettualità. Insieme diverremo capitale culturale e centro di una nuova diplomazia dal basso.

post redatto in occasione dell’assegnazione del “Premio Mediterraneo Edizione Speciale 2011 – Città per la Pace” 

Previous post

La lezione di Berlino e la nuova politica

Next post

CAMORRA: 'UNA PIAZZA PER SIANI', NAPOLI LO RICORDA A 26 ANNI DALLA MORTE