“Tutti con la guerra sono perdenti, anche i vincitori”. Plaudo alle parole di Papa Francesco pronunciate alla Giornata mondiale di preghiera per la pace, incontro fra rappresentanti di molte religioni avvenuto ad Assisi. E non ho problemi ad enunciare la mia totale empatia con i discorsi pronunciati dai rappresentanti religiosi tutti rispetto quelle pronunciate dai capi di Stato a New York per l’assembea generale delle Nazioni Unite. “La storia ci ha mostrato che la pace conseguita con la forza sarà rovesciata con la forza”, parole queste di pacifismo radicale, dell’unico pacifismo possibile, ispirate da una morale in perfetta simbiosi con l’articolo 11 della nostra Costituzione repubblicana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Leggendo i discorsi di New York apprendo di capi di Stato che si sono reciprocamente accusati di responsabilità per la costante e progressiva destabilizzazione del Medio Oriente, tutti attori coinvolti in una grande guerra civile planetaria giocata sulla pelle di popolazioni inermi. Per questo plaudo al pacifismo radicale del Papa che oggi mette in guardia l’umanità sulla insensatezza di qualsiasi ipotesi di guerra giusta. La pace, l’unica possibile, quella radicale, trova il proprio compimento nella giustizia: “Non ci può essere pace senza giustizia, senza una rinnovata economia mondiale attenta ai bisogni dei più poveri […] senza la salvaguardia dell’ambiente”. Oggi il mondo ha una prospettiva di salvezza nelle parole di Assisi, non in quelle di New York.

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