Ho sempre amato la parola contraria, le verità meno comode, il pensiero disallineato. Per questo amo da sempre la scrittura di Erri De Luca, che attraversa la realtà con uno sguardo insolito, senza mai scivolare nella palude dei luoghi comuni ma invitando ripetutamente il lettore a prospettive inedite. Anche la sua Napoli è carica di memoria e di nostalgia, eppure non è quella dei racconti più celebrati: c’è un amore insolito e personale, un sentimento che non ricalca quello a cui siamo abituati. È la forza meravigliosa del poeta, che s’innamora di quello che agli altri, in un primo momento, è invisibile.
Sono stato onoratissimo e felice di assistere alla presentazione del suo nuovo libro, un romanzo che racconta una storia straordinaria, di corporeità e di sacro. Oggi nel nostro meraviglioso Museo Archeologico Nazionale, fra i capolavori della collezione Farnese, c’erano centinaia di persone ad ascoltare Erri De Luca, e io mi sono emozionato con loro. E quando un lettore ha chiesto ad Erri cosa ne pensasse della questione meridionale, lui ha risposto che oggi esiste solo una questione nazionale: la corruzione; e che a Napoli c’è l’unica amministrazione che si oppone con tenacia alla corruzione. Ha detto proprio così: io mi sono commosso. Sentire quella stima e quel riconoscimento mi ha fatto sciogliere in un brivido di gioia, e ho pensato all’orgoglio della nostra città che finalmente oggi rialza la testa dopo essere stata per anni additata come la capitale del malaffare e della cattiva amministrazione.
Erri, tu sei un grande scrittore e un grande uomo. Oggi la tua figura appoggiata alla maestà dell’Ercole Farnese mi ha fatto vedere in un colpo solo due autentici giganti.

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