L’emendamento leghista sulla responsabilità civile dei magistrati, approvato alla Camera grazie ad una votazione trasversale, conferma quanto la politica e nello specifico il Parlamento restino, perfino dopo l’uscita di scena di Berlusconi, profondamente segnati dal desiderio di punire la magistratura.

Probabilmente perchè, come provato dalla votazione di ieri, Berlusconi non ha soltanto causato una deriva impunitaria della classe politica, ma n’è stato espressione e conseguenza.La classe politica ha sempre guardato alla propria impunità di casta “a prescindere” -come direbbe Totò- da Berlusconi, che ne è stato dunque fenomeno estremo tanto quanto n’è stato promotore.

Quella di ieri alla Camera, dunque, è stata l’ennesima triste pagina scritta da una politica poco incline a farsi giudicare, molto sensibile a sorvegliare/bastonare la magistratura.

Anche quando è “tecnica” come in questa stagione vissuta dal paese. La responsabilità civile dei magistrati esiste già (legge 117/88), ovviamente partendo dal presupposto che l’errore giudiziario sia stato compiuto “con dolo o colpa grave”. E non potrebbe essere altrimenti. Perchè, detto in parole semplici, appare folle pensare che l’errore giudiziario sia riconosciuto in base alla sentenza di assoluzione di un cittadino.

L’emendamento è dunque una vendetta, una ritorsione, un ammonimento. Dove il tema dei diritti dei cittadini non c’entra nulla, perchè la garanzia per i cittadini è rappresentata dai tre gradi di giudizio. Così come non rappresenta una misura per migliorare la qualità della giustizia, la cui piaga maggiore si si chiama lentezza dei processi. Invece di percorrere il sentiero della persecuzione verso i magistrati, come ricorda Il fatto promuovendo un giusto appello che ho sottoscritto, sarebbe più opportuno che la politica e il Parlamento si impegnassero a varare una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti in relazione alla loro gestione finanziaria e patrimoniale, ma anche in riferimento alla democrazia interna (dai tesseramenti alle candidature agli organismi di garanzia).

Pensando, per esempio, ad un tetto sui rimborsi elettorali erogati solo a fronte di fatture e ricevute che documentino le spese realmente sostenute per le elezioni; trasparenza circa i finanziamenti da soggetti privati con previsione di un tetto; reintroduzione del reato di finanziamento illecito ed ineleggibilità per chi se ne macchia e decadenza da carica parlamentare più ineleggibilità futura.

Una proposta di ddl l’ha già fatta Antonio Di Pietro e penso vada sostenuta. Quantomeno discussa in Parlamento. Ma visti i chiari di luna non c’è da avere molta speranza. Allora la battaglia deve partire dal basso, dalle cittadine e dai cittadini, dal paese. Quello vero, quello bello, quello coraggioso.

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