C’è chi parla di giorno X. C’è chi dice metterà in dubbio la leadership del capo. C’è chi dice che l’intero partito ne uscirà trasformato. Una cosa è certa: il raduno leghista di Pontida di quest’anno non sarà di sicuro come le altre volte. Probabilmente sabato notte non dormiranno sonni tranquilli Bossi, Calderoli, Maroni e compagni, agitati alla vigilia di quello che si annuncia essere l’appuntamento dell’anno per l’intera dirigenza padana. A rovinare il sonno e a far paura ai conducenti del Carroccio non saranno questa volta gli immigrati, né i meridionali né tantomeno l’Europa, ma, per la prima volta, la propria base, i propri elettori. Quella base con la quale la Lega dice di avere un rapporto unico, come nessun altro partito, quella base con la quale i grandi capi dicono di essere legati in modo profondo, quasi simbiotico. Ebbene questo rapporto, questa cieca fiducia e identificazione, sta vacillando da un bel po’ di tempo, difficile sostenere il contrario. Sempre meno sopportata risulta essere l’alleanza con Berlusconi, quel signorotto di Arcore al quale negli anni Novanta la Lega stessa rimproverava l’odor di mafia.

Sempre meno sopportati i fallimenti della Lega nel portare a casa quel federalismo fiscale visto come la soluzione a tutti i mali dai cittadini del lombardo – veneto. Sempre meno sopportata, infine, la convivenza dei leader in quella “Roma ladrona” tanto vituperata ma che, alla fine, sembra non dispiacere alle elite leghiste. A far traboccare il vaso sono state le ultime “sberle” ricevute alle elezioni comunali – con la perdita di Milano e della Madonnina – e al referendum, dove gli italiani, in netta disobbedienza al Governo, sono andati a votare in massa, raggiungendo il quorum dopo oltre 15 anni di referendum. “sberle” forti e sonore, innegabili anche dal peggior sordo, anche da colui che proprio non vuol sentire. Cari signori, il vento in Italia sta cambiando. E la Lega, maestra nel raccogliere i profitti del malcontento popolare – anche se è da 15 anni che si trova al governo, sia pur con qualche pausa – questa volta rischia di subirlo e di venirne travolta. D’altronde non si può avere la presunzione di fare le vittime per sempre. Domenica la Lega, di fronte ai suoi militanti, dovrà fare un mea culpa, dovrà per la prima volta giustificarsi, avallare delle scuse. Addossare responsabilità a “sinistra e manca”  non basterà più. Il tempo dei giochi di prestigio è finito, e dal cappello magico non esce più nessun coniglio.

Gli appassionati di “fantapolitica”  si stanno già lanciando nelle speculazioni più azzardate riguardanti la successione del grande capo Umberto, la vittima sacrificale che potrebbe fare da capo espiatorio per tutte le colpe del partito. Il toto-successione oscilla dall’ex dentista Calderoli al Ministro Bobo Maroni. Sullo sfondo Renzo la Trota. Ma, risate a parte, sarebbe troppo facile. Decapitare la testa non basterà a lavare tutti i peccati del partito. Per gli elettori della Lega, in cerca di risposte, questo non sarà  sufficiente. Per essere schietti, la verità è una e una sola: la Lega ha tradito i suoi elettori. Al di la della reale convenienza del tanto acclamato federalismo fiscale (ma conviene veramente agli italiani?), la Lega ha mancato tutti gli obiettivi principali sui quali ha basato il proprio consenso elettorale tra populismo e xenofobismo. Riduzione delle tasse: NO. Autonomie regionali: NO. Riduzione delle Provincie: NO. Controllo dell’immigrazione: NO. Di fronte a questo fallimento, ecco alcune promesse che hanno fatto ridere anche i polli, come trasferire alcuni Ministeri al nord. Ed ecco l’esagerato allarmismo – qualcuno sospetta dovuto anche a volontarie mancanze – dell’emergenza immigrazione a Lampedusa, il tutto a scapito dei suoi abitanti e dei profughi arrivati sulle nostre coste in cerca d’aiuto. Questo d’altronde è il prezzo del populismo, delle soluzioni facili, dei discorsi alla pancia.

La Lega pagherà sulla propria pelle tutte le delusioni e le false speranze che ha ispirato nei propri elettori. Il raduno di Pontida di quest’anno si trasformerà da un momento auto celebrativo a un’autoflagellazione di un partito che dovrà fare i conti con i propri mostri. D’altronde chi semina paura e odio raccoglie nient’altro che paura e odio. Nella migliore delle possibilità la Lega potrebbe togliere la fiducia a Berlusconi per addossargli tutte le colpe del malgoverno e tentare di salvare (in parte) la faccia con la propria base. Così facendo tornerebbe all’opposizione, ruolo naturale di un partito che si è dimostrato incapace di governare e, che insieme all’alleato Berlusconi, lascia dietro di se un Paese a brandelli. Ma niente paura, questo paese lo ricostruiremo e lo rimetteremo in sesto, per il bene di tutti i suoi 60 milioni di abitanti, nessuno escluso, compresi quelli che hanno votato Lega, disgustati in questi anni dal decadimento etico della politica e che adesso si stanno per svegliare da un lungo e brutto incubo.

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