Caro Roberto ho letto il tuo articolo e sono rammaricato che tu abbia travisato il mio pensiero. Provo un’altra volta a ritornarci, confidando nella tua capacità e sensibilità. Ho sempre pensato che le cose brutte, quelle che non vanno, i problemi, il malaffare, le deviazioni dei poteri, vadano sempre raccontate e denunciate. Anzi dico di più, vanno anche contrastate quotidianamente come ho cercato di fare con tutte le mie forze da magistrato – tanto da essere stato illegalmente fermato proprio da settori istituzionali per avere investigato sui rapporti tra criminalità organizzata e politica ed istituzioni – ed oggi da Sindaco, rimanendo autonomo e lontano dal Sistema, cercando anche di dare voce a chi voce non ha mai avuto. Insomma stando più tempo possibile tra la gente. E tra la gente apprendi anche di tante esperienze di lotta e di cambiamento che non vengono raccontate. E’ quando lotti contro il Sistema che pochi raccontano, perché non ci sono tanti che vogliono parlare contro il potere. Ed il cambiamento da’ fastidio a tanti. Ho scelto di operare sempre al Sud proprio perché lo amo profondamente e ci sono anche tante cose che non vanno e che bisogna impegnarsi giorno per giorno per cambiarle. Mi limito a sostenere, con semplicità e finanche ovvietà, che fare solo letteratura unilaterale, raccontare solo una parte, parlare solo della piazza di spaccio e non anche della piazza recuperata dai cittadini con l’antimafia dei fatti e non solo delle parole, è proprio quello che le mafie vogliono: non raccontare la lotta, il cambiamento, la svolta dal basso, la vittoria possibile. Dire che i politici sono tutti uguali e che non ci sia invece chi cerca di andare in direzione ostinata e contraria al sistema finisce per aiutare proprio i peggiori. Insomma se racconti solo Gomorra e non anche l’AntiGomorra quotidiana rischi che sia proprio Gomorra ad esultare. Questa e’ l’opinione di chi ha denunciato, ha lottato, ha operato in prima linea sul territorio e nelle istituzioni per sconfiggere le mafie e le corruzioni, ha anche perso, ma non si è mai perso. Anche senza l’aiuto di chi poteva raccontare e non lo ha fatto. Raccontare solo una parte, che sia quella brutta o che sia quella bella non e’ operazione intellettualmente corretta. Se non racconti, ad esempio, che nei nostri territori tantissimi abitanti, associazioni, comitati hanno conquistato pezzi di territorio con la lotta sottraendoli al degrado, all’abbandono, ai poteri criminali, non credo si faccia un’operazione giusta e di verità. Perché raccontare storie belle significa far conoscere che ci sono alternative, che possiamo farcela, suscitare risveglio, riscatto, emulazione in positivo. Raccontare solo il male significa non far vedere le alternative, si rafforza il messaggio del tanto non cambia mai niente. So bene che sono in tanti a volere questo, anche tanti insospettabili vivono e a tratti godono del fatto che il bene non possa alla fine prevalere sul male. Ma non bisogna arrendersi mai: alle mafie, alle corruzioni, ai poteri criminali, alle istituzioni corrotte, alla propaganda ed anche a chi potrebbe ogni giorno sporcarsi le mani ma invece rimane indifferente o peggio costruisce con malizia storie che non esistono. Dispiace che non ci sia la voglia di capire che oggi si sta costruendo anche un potere diffuso, una forte partecipazione dal basso, un riscatto culturale forte, un’azione concreta sul territorio. Esattamente quello che in tanti cerchiamo di raccontare. Ci sono fatti belli e fatti brutti. C’è la piazza di spaccio e quella della legalità. Vanno raccontate entrambe. Non fermarsi alla prima, perché la seconda è la conquista del popolo con l’aiuto della parte sana delle Istituzioni. Dispiace che non si vuole raccontare tutto questo, ma comunque grazie sempre Roberto del tuo stimolo che ci fa comprendere che la condotta intrapresa è quella giusta. Ciao

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Valentina ha 36 anni, è toscana e ha vissuto a Torino

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